Stati Uniti, così perfino l’acqua diventa un asset finanziario

Lanciati in California i primi futures di sempre sull’acqua. Che diventa così un asset. Esponendosi al rischio di spinte speculative.

Anche l'acqua diventa un asset finanziario. Accade in California © Maxvis/iStockPhoto

Michael Burry, classe 1971, è un medico americano. La sua celebrità, tuttavia, non è arrivata grazie alla scienza. Tra il 2000 e il 2008 si è dedicato alla finanza. Grazie ad una piccola eredità e a dei prestiti ricevuti dalla sua famiglia, vent’anni fa lanciò il fondo Scion Capital, riuscendo da subito a guadagnare cifre importanti. Dal 2005 il manager scelse di tentare il grande salto, concentrandosi sul mercato dei prestiti ad alto rischio.

L’uomo che aveva previsto il crollo dei subprime ora punta sull’acqua

Grazie a un’accurata analisi dei prestiti ipotecari, Burry è riuscito così a prevedere il crollo del sistema del 2007, provocato dall’esplosione della bolla immobiliare negli Stati Uniti. E ne ha tratto profitti enormi, grazie a vendite allo scoperto e a coperture concesse alla sua società dal colosso bancario Goldman Sachs. La sua storia diventa così un libro (di Michael Lewis) e un film («La grande scommessa», di Adam McKay).

Il trailer del film “La grande scommessa”

Burry è riuscito d’altra parte a intascare 100 milioni di dollari personalmente e a generare profitti per gli investitori pari a 700 milioni. Ma lo stesso avveduto, spericolato e fortunato manager finanziario statunitense, dopo il 2010, ha deciso di lanciarsi in un altro tentativo. Stavolta nel mirino non c’è più il mercato dei mutui, ma quello dell’acqua. Più nello specifico, quello legato alle attività agricole che dispongono di riserve idriche in loco.

I futures aiuteranno le aziende che consumano molta acqua. In teoria

Sono passati dieci anni da allora. E il mondo della finanza – come riferisce il quotidiano economico francese Les Echos – sembra stia nuovamente premiando Burry. Il Chicago Mercantile Exchange e il Nasdaq di qui alla fine dell’anno prevedono di lanciare dei futures (contratti a termine che permettono di acquistare un prodotto ad un prezzo prefissato, in un periodo differito nel tempo) sull’acqua della California. Così, per la prima volta la risorsa naturale si trasforma in un asset finanziario. Esattamente come già capitato al petrolio, al grano o all’oro.

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In California il 40% dell’acqua è usata per irrigare i campi © demachi/iStockPhoto

Teoricamente, l’obiettivo è di garantire alle aziende che fanno un largo consumo di risorse idriche di gestire il loro bilancio, assicurandosi un prezzo di acquisto. Cosa che eviterebbe possibili fluttuazioni dei prezzi, tenendo sotto controllo i costi. Inoltre, secondo gli operatori di Borsa, i futures sull’acqua dovrebbero consentire di monitorare la disponibilità della materia prima in California. Il tutto in un mercato il cui valore è stimato nello Stato federale americano a 1,1 miliardi di dollari.

L’indice Nasdaq Veles California Water sulle montagne russe

Tecnicamente, i futures saranno legati al Nasdaq Veles California Water Index, nato nel 2018 e calcolato sulla base degli acquisti di acqua effettuati ogni settimana. Il prezzo è espresso in dollari per 1,2 milioni di litri. Il grande rischio è che il valore possa essere oggetto di speculazioni, esattamente come accade per numerose altre materie prime. Basti pensare che l’indice è attualmente a circa 500 dollari, in netto calo rispetto al picco massimo registrato in passato, pari a  704 dollari.

Nella primavera scorsa, infatti, il valore è triplicato, a causa di un mese di febbraio con pochissime precipitazioni. In uno Stato che usa il 40% dell’acqua per irrigare 3,6 milioni di ettari di campi coltivati, variazioni così importanti possono, in effetti, essere difficili da gestire. Ma il rischio è che, in caso di spinte speculative, le oscillazioni possano diventare ancor più ampie. Perfino sul principale tra i beni essenziali per l’intera umanità.