Anche Roma (Capitale) vuole lo «stop» alle fossili

L'assemblea Capitolina vota (all'unanimità) per aderire al Trattato internazionale di Non-Proliferazione delle fonti fossili di energia. Terza città italiana a farlo

Andrea Di Turi
Roma Capitale ha aderito al Trattato internazionale di Non-Proliferazione delle fonti fossili di energia © scaliger/iStockPhoto
Andrea Di Turi
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Da una parte Roma, intesa come Comune, e dall’altra sempre Roma, intesa però come sede del governo italiano, si stanno muovendo in direzioni diametralmente opposte. Su un tema fondamentale, anzi, il tema fondamentale della transizione ecologica: abbandonare le fonti fossili di energia, il cui utilizzo è la prima causa del surriscaldamento globale e dell’emergenza climatica. Farlo il prima possibile. E tutti insieme.

Lottare contro la crisi climatica significa abbandonare il business as usual

Il governo Meloni dal suo insediamento ha più volte dato segnali inequivocabili di voler proseguire finché sarà possibile, ma magari anche oltre, col business as usual. Che in questo caso vuol dire un sistema energetico ampiamente trainato dalle fossili e in particolare dal gas: basti per tutti il via libera alla trivelle per l’estrazione di gas in Adriatico. In ciò non badando minimamente agli allarmi delle organizzazioni internazionali che si occupano di clima, a cominciare da IPCC (il Gruppo Intergovernativo di esperti sui Cambiamenti Climatici promosso dalle Nazioni Unite), che hanno ribadito più volte la necessità di uno stop immediato all’aumento di estrazione e produzione di fonti fossili per provare a stare nei limiti dell’Accordo di Parigi.

Il Comune di Roma ora si è unito a chi in mezzo mondo sta dicendo, passando poi ai fatti, che lottare contro la crisi climatica significa entrare in rotta di collisione con il business as usual, cioè l’economia e la finanza fossili. Giorni fa l’Assemblea Capitolina ha infatti votato una mozione con cui Roma Capitale ha ufficialmente aderito all’iniziativa per un Trattato internazionale di Non-proliferazione delle fonti fossili di energia, il #FossilfuelTreaty. Che poggia su tre pilastri: non-proliferazione delle fossili, appunto; poi eliminazione progressiva e investimenti per la “giusta transizione”.

Quello di Roma non è un impegno di facciata

La mozione è stata presentata dai consiglieri del Coordinamento Verdi/Sinistra e in aula è stata votata all’unanimità. Un segnale che va colto, o almeno andrebbe, anche in ottica nazionale e internazionale. Perché al clima impazzito le differenze di casacca politica interessano zero.

Quello di Roma non è un impegno di facciata, tutt’altro. Certo, il punto fondamentale è che si impegnerà a fare pressione sul governo perché aderisca al Treaty (con questo esecutivo, probabilmente una pia illusione). Ma c’è dell’altro: l’amministrazione capitolina s’impegna a sostituire gli impianti a gas metano (fonte fossile, ovviamente) con sistemi integrati tra impianti fotovoltaici, pompe di calore e accumulatori di energia, negli interventi di riqualificazione energetica degli edifici pubblici. E poi c’è l’impegno a sensibilizzare l’Anci (Associazione nazionale dei Comuni italiani) affinché promuova l’adesione al Treaty dei suoi membri. Ci sarà una “corsa” ad aderire? Chissà. Ma quando è la Capitale a “parlare”, di solito è più facile che altri ascoltino.

Le città che hanno aderito al Trattato internazionale di Non-proliferazione delle fonti fossili di energia

Roma è la terza città italiana ad aderire al Treaty, dopo Torino, che aveva rotto il ghiaccio a fine 2022, e Pontassieve (Fi). Nel mondo sono una novantina le città che aderiscono. Poche settimane fa ha aderito Austin, capitale del Texas, il maggiore Stato produttore di petrolio di tutti gli Stati Uniti. A sostenere il Treaty ci sono in gran numero leader e istituzioni religiose: sempre nei giorni scorsi ha aderito il Consiglio Ecumenico delle Chiese, che rappresenta 580 milioni di cristiani in 120 Paesi del mondo.

È chiaro che il Treaty è pensato per gli Stati e infatti alcuni Stati, anche se piccoli (nazioni insulari del Pacifico), hanno già aderito. Però potrebbe arrivare presto il primo peso massimo, la California, che sempre in questi giorni ha compiuto il penultimo passo per l’adesione formale al Treaty: il voto definitivo del Parlamento californiano è previsto entro l’autunno.
Un accordo globale vincolante, e cioè un Trattato internazionale, è indispensabile per la lotta contro l’emergenza climatica, tema globale per eccellenza. Gli organizzatori del Treaty riassumono il concetto dicendo che si tratta di un’idea il cui tempo è arrivato. In realtà siamo già molto in ritardo e bisogna fare presto. Roma c’è, intesa come Comune. Non c’è l’Italia, intesa come questo governo.