Se la ricerca su farmaci e vaccini la facesse un ente pubblico europeo?

La legislazione farmaceutica europea è in evoluzione. È il momento di creare un ente pubblico europeo per la ricerca su farmaci e vaccini

È il momento di creare un polo pubblico europeo per la ricerca su farmaci e vaccini © Julia Koblitz/Unsplash

Aggiornamento 29 novembre 2023 – Il 23 novembre, la versione definitiva dello studio è stata ripubblicata ufficialmente sul sito dello STOA, a seguito di una riunione dello stesso panel. Nel corso della riunione, grazie alle domande poste da alcune europarlamentari che hanno protestato per la rimozione dello studio, è emerso che delle mail da parte della lobby farmaceutica europea c’erano state davvero. Nello specifico, è emerso che la Federazione Europea delle Associazioni e delle Industrie Farmaceutiche (EFPIA – la stessa che ha pubblicato un proprio studio proprio dopo la rimozione dell’altro) aveva inviato una mail con alcune osservazioni sullo studio ad una europarlamentare, Pernille Weiss, con in copia anche il segretariato del panel. Secondo un nuovo articolo di TPI, anche un dirigente della multinazionale Merck avrebbe mandato una mail agli stessi.

Anche se resta il mistero di chi abbia inviato la bozza dello studio, il Forum Disuguaglianze Diversità ritiene che «l’attenzione sollevata sul caso dalle europarlamentari e la decisione del Panel di ripubblicare lo studio siano una notizia importante, che segna un risultato non solo per il ForumDD e per la altre organizzazioni che hanno chiesto di fare luce sull’accaduto o per la stampa indipendente che ha seguito con accuratezza il caso, ma per l’intera cittadinanza perché un dibattito che riguarda tutti e tutte come quello sulla revisione della legislazione sui farmaci, adesso in discussione al Parlamento europeo, potrà contare su questo studio rigoroso per valutare quale sia la direzione da intraprendere per rafforzare l’interesse pubblico in tema di salute».


Durante e dopo la pandemia abbiamo sentito ripetere che era il momento di un’Unione europea della salute. Che l’Europa si sarebbe preparata ad affrontare nuove pandemie grazie alle lezioni imparate durante la pandemia. Insomma, che sarebbe stata pronta. Come? Con nuove regole, nuove strutture, un nuovo impegno pubblico. Soprattutto nella ricerca di farmaci e vaccini.

D’altra parte, è un dato di fatto che i vaccini contro il Covid-19 sono stati sviluppati grazie a ingenti contributi pubblici. Decine di miliardi – letteralmente – di euro (o dollari) dati dagli Stati per finanziare la ricerca e la produzione di vaccini nel minor tempo possibile. Vaccini che hanno fruttato a loro volta miliardi. Ma per le casse delle aziende farmaceutiche, non per quelle pubbliche.  Ma dopo tanti proclami, a che punto siamo?

Ricerca e sviluppo di farmaci e vaccini: forse abbiamo bisogno di una struttura pubblica europea

A luglio Valori aveva intervistato Massimo Florio, professore di Scienza delle Finanze dell’università di Milano, che ci aveva raccontato il dibattitto europeo sul tema. Dalla creazione di un’apposita commissione in seno al Parlamento europeo (la commissione COVI) fino all’approvazione, nel giugno scorso, del  “Rapporto sulla pandemia di Covid 19: la lezione appresa e i consigli per il futuro”.

Florio – che dalla commissione COVI è stato ascoltato come esperto indipendente – è anche membro dell’assemblea del Forum Disuguaglianze Diversità (ForumDD), che da anni si batte per un’infrastruttura pubblica europea per la ricerca e lo sviluppo di farmaci e vaccini. Una sorta di “CERN per i vaccini” (il CERN – European Organization for Nuclear Research – è un laboratorio di ricerca europeo sulla fisica delle particelle), come lo ha definito Fabrizio Barca, coordinatore di ForumDD, nel corso di FestiValori lo scorso ottobre. Una proposta che, tra l’altro, il Forum sta portando avanti già da prima della pandemia.

Il mistero (risolto?) dello studio “censurato

Sulla necessità e gli aspetti positivi di un’infrastruttura europea per la ricerca su vaccini e farmaci si era espresso anche un nuovo studio – l’ennesimo – commissionato da un gruppo di lavoro del Parlamento europeo (il Panel for the Future of Science and Technology, STOA). Presentato con tanto di diretta streaming il 19 ottobre, pubblicato sul sito dello STOA il 27 ottobre, il 30 viene cancellato.

A quel punto, Politico e Il fatto quotidiano denunciano l’accaduto. Il primo novembre, infine, il Forum Disuguaglianze Diversità ripubblica il rapporto sul suo sito e chiede agli europarlamentari di indagare. Il dubbio nasce spontaneo: sarà stato rimosso per qualche pressione dell’industria farmaceutica?

Da quel momento versioni ufficiali e ricostruzioni iniziano a diffondersi e mescolarsi, tra relazioni amorose, europarlamentari vicini alle posizioni delle case farmaceutiche, appelli di altri europarlamentari che chiedono di ripubblicare lo studio, comunicati stampa e mail sospette. Il ForumDD, su una pagina del suo sito in continuo aggiornamento, ha ricostruito tutta la vicenda.

Alla fine, stando alle fonti ufficiali, sembrerebbe trattarsi solo di un errore amministrativo. Ma è veramente così? Il 9 novembre (dato il clamore?) una bozza dello studio viene ripubblicata. Il 10, infine, il settimanale TPI pubblica un articolo in cui scrive di alcune mail ricevute dal segretario dello STOA da parte di alcuni rappresentanti dell’industria farmaceutica. Proprio negli stessi giorni in cui lo studio è stato presentato, pubblicato, cancellato.

La riforma della legislazione farmaceutica europea

Alla fine, come sia andata effettivamente la vicenda non è noto. Molti dubbi rimangono, anche alla luce della riforma della legislazione europea sul farmaco che proprio in questi giorni sta muovendo i primi passi. Il 7 novembre, infatti,  nella commissione competente del Parlamento europeo, è iniziata la discussione sulla riforma della legislazione farmaceutica vigente. L’obiettivo: rendere l’accesso ai farmaci piè tempestivo ed equo per tutti i cittadini europei e incentivare l’innovazione e la ricerca in Europa.

Casualmente, proprio il giorno prima, la Federazione europea delle industrie e associazioni farmaceutiche, pubblica un proprio studio. In cui – chi l’avrebbe mai detto – la posizione espressa è in netto contrasto con quella dello studio “censurato”. Ma anche fortemente critica nei confronti nella proposta di revisione avanzata dalla Commissione europea. Gli argomenti usati? Sempre gli stessi: si rischia meno competizione nel settore, quindi meno ricerca, quindi meno innovazione. Se non che, tra le altre cose, un ente di ricerca e sviluppo europeo dovrebbe servire anche proprio per favorire la ricerca di cure per quelle malattie rare che non hanno un mercato.

In ogni caso, la strada è ancora lunga: entro la fine della legislatura europea – cioè entro il prossimo giugno – finirà solamente l’iter parlamentare. Per arrivare all’approvazione definitiva della riforma, bisognerà aspettare l’insediamento del nuovo Parlamento e della nuova Commissione europea e i successi negoziati. Sempre che si arrivi davvero a una riforma.