La ricchezza non fa la felicità

Almeno a giudicare dal World Happiness Report delle Nazioni Unite

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La Finlandia è prima nella classifica del World Happiness Report delle Nazioni Unite © Narahari K R/Unsplash
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Il World Happiness Report (WHR) è un indice alternativo al Pil. Come tanti, tantissimi ne sono stati ideati nel corso degli ultimi decenni, malgrado il fatto che nei governi l’idea di accantonare lo stesso Prodotto interno lordo non faccia proprio breccia. Concepito dalle Nazioni Unite, il WHR prende in considerazione sei variabili: reddito, libertà, fiducia nelle istituzioni, speranza di vita in buona salute, sostegno sociale e generosità. Stabilendo su tali basi una classifica mondiale (con 150 nazioni prese in considerazione), in testa figurano Finlandia, Danimarca, Islanda, Svizzera e Paesi Bassi. L’Italia, che in base al Pil è ottava al mondo, secondo il WHR è 31esima…

Ma il Pil non è il solo esempio di incoerenza delle nazioni. Nello scorso mese di ottobre, le nazioni che aderiscono alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica hanno adottato in pompa magna la Dichiarazione di Kunming. Obiettivo: difendere fauna, flora e ecosistemi. Perché altrimenti non sarà in alcun modo possibile vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici. Bene, bravi, bis. Peccato che alla prima riunione in presenza, a marzo, i governi si siano mostrati estremamente divisi tra loro su come applicare concretamente la Dichiarazione. A partire dall’obiettivo principale: rendere area protetta il 30% della superficie di terre emerse e oceani. In vista della Cop15 che si terrà in Cina tra agosto e settembre, le premesse sono inquietanti.

Ma tanto alle preoccupazioni siamo abituati, a partire dall’Ucraina. Che il conflitto abbia conseguenze sui prezzi delle materie prime è ormai noto. E a pesare in particolare sui costi dei beni alimentari potrebbero essere i trasporti, poiché un centinaio di navi è bloccato da due mesi nelle acque ucraine. E con meno cargo disponibili, i prezzi delle derrate potrebbero ulteriormente aumentare. Senza dimenticare la fiammata del Covid in Cina, che sta contribuendo a provocare problemi sui trasporti internazionali.

Naturalmente c’è sempre chi riesce a mettersi al riparo. Perfino chi è colpito dalle sanzioni occidentali contro la Russia. La notizia arriva stavolta da Dubai (noto paradiso fiscale) che punta a diventare una sorta di hub internazionale della criptofinanza. Ebbene, in molti sospettano che i circuiti delle monete digitali stiano consentendo agli oligarchi vicini a Putin di aggirare le stesse sanzioni.

Per non parlare di chi sta speculando sulle materie prime. Nel primo trimestre dell’anno gli hedge fund hanno centrato guadagni enormi (+14%) proprio scommettendo su petrolio & co. E pure con il crollo del 20 aprile 2020 c’è chi si è fregato le mani. Quel giorno, il valore per ciascun barile di greggio americano è sceso di 37 dollari. Otto trader britannici, di base indipendenti, sono accusati di aver manipolato il mercato e di essere così riusciti ad incassare 700 milioni di dollari. Sarebbero stati traditi dagli scambi di messaggi su Whatsapp…

Ma a vivere senza inquietudini il presente c’è anche chi guadagna “solo” 19 milioni di euro all’anno. Ovvero Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, gruppo nato dalla fusione di PSA Peugeot Citroen e Fiat Chrysler. Proprio mentre la Francia rischia di finire in mano all’estrema destra, che ha basato tutta la propria campagna elettorale sulla necessità di difendere il potere d’acquisto della popolazione, la “paga” di Tavares irrompe nel dibattito politico in modo dirompente.

Da come andrà l’imminente ballottaggio in Francia dipenderà poi il futuro dell’energia transalpina. Anzi no. O meglio solo in parte. Se Marine Le Pen ha annunciato di voler imporre una moratoria sugli impianti fotovoltaici e eolici (roba che manco l’Arabia Saudita) e di smantellare progressivamente le pale eoliche esistenti (roba che manco Attila), sia lei che il presidente Macron sono d’accordissimo su una cosa: puntare sul nucleare, con nuovi reattori e prolungando la durata in servizio di quelli già costruiti.